Vai al contenuto

Intervista esclusiva all’arbitro Gavillucci. Anticipa il suo libro su trasparenza e razzismo nel calcio ed apre a Koulibaly.

Nel corso di questi mesi ci siamo occupati, in maniera approfondita, di razzismo nel calcio e del “caso Gavillucci”. Dismesso a giugno scorso per “motivate ragioni tecniche”l’arbitro non ha mai mollato intraprendendo una battaglia legale con l’AiaDopo l’iniziale reintegro in appello a gennaio scorso, il Collegio di garanzia del Coni ha dichiarato inammissibile il ricorso precedentemente presentatoClaudio Gavillucci, nella scorsa stagione, era balzato agli onori delle cronache per la sospensione temporanea della gara tra Sampdoria e Napoli per cori razzisti nei confronti di Koulibaly. Lo abbiamo intervistato in esclusiva e queste sono le sue parole dall’ambito professionale a quello giudiziario passando per la vita privata ed i progetti futuri.

Dove nasce la passione per il mondo arbitrale? “Diciamo che la passione nasce da quella che avevo per il giuoco del calcio, in quanto ho continuato a giocare a pallone fino all’ultimo giorno possibile prima di fare l’esame per la qualifica di Arbitro Effettivo. Come calciatore ero abbastanza modesto, ma avevo un bel caratterino e anche nelle semplici partite con gli amici quando c’era una disputa volevo sempre avere ragione. Allora mio zio Natale, ex calciatore ed allenatore, mi disse:<< ma perché non vai a fare il corso per fare l’arbitro così almeno sfoghi questa voglia di voler avere sempre ragione?>> Entrai nella sezione Aia di Latina nel febbraio del 1994 e non ne uscii più.

Un consiglio per i giovani che vogliono intraprendere questa carriera.“Sicuramente fare l’arbitro oggi più di ieri è difficile per molteplici motivi, i primi dei quali la violenza verbale e fisica a cui purtroppo sono sottoposti soprattutto nei campi di periferia. Posso, però, sostenere senza nessuna paura di smentita che l’arbitraggio e la nostra associazione in generale principalmente a livello periferico, esprime ed insegna quei principi e quei valori sani come la lealtà, la resilienza, la solidarietà, l’eguaglianza, il rispetto delle regole e dell’avversario, utili anche per affrontare la vita reale ed il mondo del lavoro. Per questo consiglierei vivamente a mia figlia di fare l’arbitro.”

Come è stata vissuta tutta la vicenda in famiglia? “Sicuramente ognuno per il proprio carattere l ‘ha vissuta in maniera diversa. La cosa certa è che l’abbiamo appreso tutti e tre nello stesso instante in quanto il messaggio di Rizzoli con il quale mi comunicava appunto la mia dismissione è arrivato la mattina del 30 giugno mentre mi trovavo in viaggio di nozze e quindi può immaginare come da lì in poi possa essere proseguito il viaggio. Comunque posso dire che non ce l’aspettavamo assolutamente.”

Perché questo scontro con l’Aia? Una lotta contro il palazzo del potere? “Non lo definirei uno scontro contro l’Aia ma una “battaglia” per i miei diritti, che poi sono i diritti di tutti gli arbitri, dalla Serie A ai Giovanissimi. La trasparenza, il diritto all’informazione delle proprie risultanze, il diritto ad un contratto degno di nome con annesse tutte le coperture previdenziali e assistenziali. Questo mio scontro come lo chiama lei, anche se personalmente non mi ha restituito quello che mi è stato tolto, ha prodotti già dei risultati “ storici” per la nostra associazione. Da Gennaio, per la prima volta nella storia dell’Aia, gli arbitri di serie A e B conoscono le proprie medie, e la propria posizione in graduatoria, hanno la possibilità di accedere agli atti “ i propri referti e quelli dei colleghi” e si inizia a parlare di professionismo. Senza ombra di dubbio se non avessi sollevato questo polverone e fossi arrivato a questo non si sarebbe mai arrivato a tanto. Questo è solo l’inizio di un percorso di trasparenza ed autonomia assolutamente necessario per la nostra associazione e per il bene dell’intero sistema calcistico. Quindi ripeto non deve essere vista come una lotta contro il palazzo, ma una lotta per i principi di trasparenza ed autonomia, utili a dare ancora più lustro e rispetto alla nostra categoria.”

Da chi ha avuto solidarietà e chi le è stato vicino durante questi mesi?Sicuramente la mia famiglia, con mia moglie e mia figlia in testa. Poi sicuramente i miei avvocati Ciotti Gianluca e Leonardo Guidi e tutti gli amici e colleghi di A e B, che anche se per ovvi motivi non esplicitamente, mi hanno sempre supportato e spinto ad andare avanti per il bene comune. Devo ringraziare anche tutta la sezione di Latina con in testa il Presidente Fiore Pressato che non mi hanno mai fatto mancare l’affetto e il calore necessario nei momenti di forte delusione, e che ho ricambiato in questi mesi andando ad arbitrare nei campi di periferia le partite del settore giovanile scolastico. Inoltre ho ricevuto centinaia di attestati di stima e di richiesta di non fermarmi, da parti di tifosi di tante squadre o semplicemente sportivi che hanno apprezzavano il mio operato in campo e ancora di più ciò che stavo facendo fuori.”

Il tema del razzismo è diventato una lotta tra mondo politico e mondo sportivo?“Il tema è molto importante e delicato, ed è quindi ovvio e giusto che coinvolga anche la politica. Non voglio assolutamente entrare nelle questioni politiche ne esprimere giudizi su cosa è meglio fare, mi limito a dire, che personalmente esattamente un anno fa lo scorso 13 Maggio, nella famosa Samp vs Napoli davanti ad una situazione palese di discriminazione e razzismo, ho fatto tutto ciò che era in mio potere (seguendo le direttive Fifa e Uefa) affinché cessassero quei cori beceri ed indegni. Se chi di competenza oggi ha studiato metodi più efficaci e consoni per eliminarli del tutto questi episodi ben venga, ritengo che l’importante sia evitare l’ingresso di questi soggetti negli stadi e che se si sottovaluta il fenomeno del razzismo si commette un gravissimo errore.”

Il ministro Salvini ha contraddetto Leonardo sull’opportunità di interrompere la partita in seguito ai cori a Bakayoko. “Non ho seguito bene la vicenda, ma se non sbaglio da febbraio la norma in Italia a differenza che in UEFA e in FiFa è stata modificata e almeno in serie A, B e lega Pro, dove è presente il responsabile della forza pubblica, è lui che ha la responsabilità di interrompere anche momentaneamente la gara e non più l’arbitro. Detto questo, quindi, penso che il responsabile dell’ordine pubblico abbia avuto le sue buone ragioni per non farlo. Al di là del metodo, l’importante è espellere la discriminazione di qualsiasi tipo e genere dallo sport.”

Koulibaly è in prima linea nella lotta al razzismo negli stadi: Sente di dirgli qualcosa? “Si lo so benissimo e non è il solo. Colgo l’occasione per dirgli che sto scrivendo un libro proprio sul razzismo e la trasparenza nel calcio italiano e che, se volesse, gli cederei volentieri un capitolo per parlare della sua esperienza che può essere di aiuto e supporto alla causa, oltre che ai tanti giocatori di colore presenti nel nostro campionato vittime di episodi razziali come lui.”

Quali sono le difficoltà per un arbitro, durante una partita, nel riconoscere e distinguere i cori a sfondo razzista provenienti dalle curve? “Sicuramente non è semplice ed automatico in quanto sei super concentrato sulle dinamiche del gioco. Il primo campanello d’allarme te lo dà colui che li subisce che è naturalmente il primo a sentirli. Da lì in poi l’arbitro è tenuto a monitorare la situazione insieme alla squadra arbitrale alla procura federale, e al responsabile del GOS.”

Tornerà ad arbitrare in ambito provinciale? “Si, veramente sono già tornato nei campi di periferia tra i ragazzi. Come le dicevo prima ho scelto di tornare a disposizione della mia sezione, ed andare ad arbitrare le partite dei bambini delle categorie giovanissimi ed allievi cercando di traferire insieme alla mia esperienza anche dei messaggi che riavvicinino la figura dell’arbitro a quella delle altre componenti calcistiche. Questa esperienza, senza esagerare, mi riempie di gioia e soddisfazione perché vedere le facce ed i sorrisi dei bambini contenti di avere un arbitro di serie A in campo con loro è impagabile.”

Si sente un uomo abbandonato dalle istituzioni in cui ha sempre creduto?“Sicuramente un buona dose di delusione l’ho avuta, ma sono ancora fiducioso nella giustizia e visto che la mia vicenda non è ancora del tutto finita ( a livello di giustizia ordinaria sta cominciando ora) spero possa ancora aver riconosciute le mie ragioni. In ogni caso preso atto che le istituzioni hanno fatto proprie le mie istanze come dimostra il dibattito innescato dallo stesso Presidente Nicchi sul riconoscimento dell’arbitro quale sportivo professionista e della conseguente necessità di predisporre per lo stesso le dovute tutele e garanzie economiche e sociali, spero che mi venga dato il giusto riconoscimento.

Continuerà nella sua lotta e quali sono i suoi programmi futuri? “In questo periodo ho avuto l’occasione di confrontarmi con molte persone, da professionisti che orbitano a vario titolo nel mondo calcio, a tanti presidenti di Sezione, colleghi illustri e anche semplici arbitri di provincia da cui ho ricevuto tanti attestati di stima e un‘iniezione di forza utile per portare avanti questo progetto che dovrà passare per forza prima per i tribunali. Il mio obiettivo è sicuramente quello di migliorare il mondo dell’arbitraggio. Oltre a questo, come accennavo prima, in cantiere c’è anche un libro che spero di finalizzare entro la fine dell’anno, trovando qualche editore disposto a pubblicarlo.”

On this website we use first or third-party tools that store small files (<i>cookie</i>) on your device. Cookies are normally used to allow the site to run properly (<i>technical cookies</i>), to generate navigation usage reports (<i>statistics cookies</i>) and to suitable advertise our services/products (<i>profiling cookies</i>). We can directly use technical cookies, but <u>you have the right to choose whether or not to enable statistical and profiling cookies</u>. <b>Enabling these cookies, you help us to offer you a better experience</b>.